lunedì 27 ottobre 2008

Facinorosi


I «facinorosi», come li chiama il presidente del consiglio (e come li definiscono i giornali di sua proprietà), finalmente hanno potuto parlare per due ore, in prima serata, sugli schermi del servizio pubblico. E, soprattutto, li hanno potuti vedere e ascoltare cinque milioni di telespettatori sintonizzati su Annozero. Un'audience altissima che diventa un dato politico. I volti dei ragazzi, giovanissimi o già trentenni, studenti delle scuole o ricercatori nelle università, hanno spiegato che vogliono studiare, conoscere, lavorare. Per una volta i giovani dentro la televisione non erano quelli, rissosi e arroganti di Amici, unica pedagogia mediatica diffusa dal piccolo schermo. E sarà più difficile, adesso che la tv gli ha dato la parola, ricacciarli dentro le lugubri gabbie cossighiane. Da Bologna, Annozero ha dato voce a un insegnante, e solo a lui, nonostante le telecamere in piazza avessero richiamato un piccola folla di studenti. E mentre il professore parlava della scuola elementare, il parlamentare leghista, ospite in studio, Roberto Cota, denunciava l'intollerabile censura: a uno studente di destra era stato impedito di intervenire. Per questo, ieri, l'ineffabile Gasparri chiedeva sanzioni contro Santoro. Come se far parlare uno studente di destra, in quella circostanza, in quella piazza, fosse stato un esempio di democrazia e non un gesto irresponsabile, che avrebbe scatenato la protesta di tutti gli altri studenti presenti.A tratti confusa per la molta carne messa sul fuoco, la discussione ha però centrato l'obiettivo di spiegare al telespettatore se è mai possibile credere che con i tagli decisi dal decreto Gelmini (che sarebbe più appropriato definire decreto-Tremonti), la ricerca potrà riprendere in Italia, e la scuola godere di un grande futuro. Gli studenti hanno argomentato, con parole semplici, e soprattutto con la propria esperienza, di vita, di studio e di lavoro, perché no.E saltava agli occhi la povertà degli argomenti portati dal centrodestra (rappresentato, oltre che dall'esponente leghista, anche dal vicedirettore del Giornale). Facilmente riassumibili: ci sono gli sprechi bisogna tagliare. A loro i ragazzi hanno replicato altrettanto sinteticamente: ci sono gli sprechi bisogna riorganizzare la scuola pubblica e quei soldi reinvestirli nella scuola pubblica.La difficoltà di sostenere che diminuendo i finanziamenti la scuola se ne sarebbe avvantaggiata era così evidente, da far morire il maestro unico resuscitandolo come «maestro prevalente».Nello studio di Annozero c'era il segretario del Pd, Walter Veltroni. Naturale che polemizzasse con Berlusconi, meno che per dimostrare l'allergia del governo (e del berlusconismo più in generale) a ogni forma di dissenso, prendesse ad esempio la situazione del nostro giornale: «Si può ancora avere un giornale come il manifesto e continuare a farlo uscire senza che nessuno lo chiuda?». Probabilmente non si può, perché i tagli di Tremonti sono precisi come quelli di un chirurgo. Ma anche perché l'informazione dei senza partito è diventata una merce rara ormai da molti, troppi anni. Anche a sinistra.

domenica 26 ottobre 2008

Preludio


Mi ricordo che quella mattina mi sono svegliato all'alba, con dentro un grande senso di aspettativa e ho pensato : "ecco questo deve essere il preludio della felicità, questo è solo l'inizio e d'ora in poi crescerà sempre di più".

Non mi ha sfiorato l'idea che non fosse il preludio.

Era quella la felicità, era quello il momento.. era quello...

venerdì 24 ottobre 2008

68


Franceschini ha risposto via tv al diktat più che bulgaro di Berlusconi: «Non si tocchi un capello ai ragazzi che lottano per difendere la loro scuola. Noi vigiliamo». Giusto e anche bello da sentire. Intanto, i dibattiti in video mostrano i portavoce del boss preoccupati di trovarsi di fronte a un nuovo ’68, che non saprebbero certo fronteggiare con l’abilità dei vecchi dc. E dire che il piano della Gelmini era quello, dichiarato, di cancellare gli ultimi 40 anni di storia scolastica. Perché la ministra, beata ignoranza, non sa nemmeno che il ’68 è stato sconfitto. Infatti, non pochi di quelli che lo hanno vissuto, sono saltati sul carro dell’uomo più ricco e potente d’Italia, cortigiani tra i cortigiani, in prima fila nel negare i diritti per i quali da giovani si erano battuti. Ma i berluscloni possono stare tranquilli: quello che vediamo non è affatto un nuovo ’68, ma potrebbe essere molto peggio per loro. Perché i ragazzi di oggi sanno usare la tv, hanno facce belle da mostrare e non hanno da perdere che le catene del loro precariato

mercoledì 22 ottobre 2008

Polizia negli atenei



Il nostro Presidente del Consiglio è evidentemente in difficoltà per fare dichiarazioni pesanti ed irresponsabili come quelle che fa. Evidentemente lui non ha nessuna abitudine ed attitudine al dialogo. D'altronde è sua abitudine di circondarsi di persone senza spina dorsale che sanno dire solo di sì al loro capo. Io sono molto preoccupato per la piega che possono prendere gli eventi a causa di questo irresponsabile. Il nostro Presidente del Consiglio, evidentemente in difficoltà e a corto di argomenti, cerca solo lo scontro. Non dobbiamo cadere in questo tranello. Dobbiamo portare avanti una battaglia giusta e sacrosanta senza cadere nelle sue provocazioni. Berlusconi spalleggiato dalle sue televisioni piene di opinionisti prezzolati spera in questo modo di far dimenticare alle persone i profondi problemi economici di questo nostro paese e le sue responsabilità. Vuole mistificare la realtà dicendo continuamente cumuli di ignobili menzogne. Vuole farci dimenticare i suoi numerosissimi conflitti di interesse (l'ultimo si è consumato pochi giorni fa, tutti i giornali hanno riportato la notizia che la figlia era entrata nel salotto buono della finanza e casualmente un mare di denaro pubblico è stato utilizzato per salvaguardare le banche dalla crisi finanziaria). L'operazione è chiara tagliare su scuola e sanità per dirottare il denaro pubblico sui settori a cuore degli "Interessi" (anche privati e personali) del nostro grande imprenditore liberista con i deboli (cittadini inermi, scuola e sanità) protezionista con gli amici e gli amici degli amici (banche e grande impresa). Perciò faccio un appello a tutti continuiamo a protestare senza lasciarci provocare. Resis









Da Vanity Fair, 22 ottobre 2008






Sono belli e allegri i cortei di questi giorni contro la riforma della scuola ideata dagli staff dei ministri Tremonti & Brunetta e poi passata sotto banco, durante l’intervallo, alla ministra Mariastella Gelmini, che a ogni interrogazione in pubblico, e con notevoli occhiali, la difende a memoria. Sono belli, allegri e irriverenti, come è giusto che sia (“taglia taglia e il bambino raglia”) in omaggio, anche, alla giovinezza. Sono persino educati. Infinitamente più educati di quanto non lo siano gli adulti, non solo i politici, che stanno (che stiamo) furiosamente scassando il mondo, incapaci di distribuire un po’ di riso, un po’ di medicine, un po’ di acqua pulita, un po’ di contraccettivi per alleviarne la deriva. Ma capacissimi di moltiplicare guerre e crolli finanziari. Consumi e fallimenti. Trovando in tre settimane migliaia di miliardi di dollari per salvare le banche, ma nulla, o quasi nulla, da decenni, per salvare qualche ragazzino africano dalla malaria e comprare dei banchi in più per gli scolari di Scampia. Dicono che gli studenti ne sappiano poco o nulla della riforma della scuola e che protestino per niente. Il niente sarebbero i grembiulini, il sette in condotta, il maestro unico e magari le classi dell’apartheid padana. Ma se davvero fossero niente, allora perché la riforma? E se non prevedesse il taglio di classi, di scuole, di posti di lavoro, e di buon senso, perché affannarsi a vararla? Per licenziare un po’ di bidelli? Ma no, dice la signora Gelmini. La quale sa anche sorridere mentre spiega che tagliando qui e là si rimetterà ordine al disordine scolastico, ci sarà più disciplina e più premi ai meritevoli. La sua carriera lo dimostra. Le classi dirigenti lo dimostrano e il mondo che ne consegue pure. Sarà quel suo sorriso lieto a irritare i ragazzi più della riforma, oppure solo le bugie?









"Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica,intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di previlegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole , perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari si danno dei premi,come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili,si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola previlegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare prevalenza alle scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere. Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d’occhio i cuochi di questa bassa cucina. L’operazione si fa in tre modi: ve l’ho già detto: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico


Piero Calamandrei


Discorso pronunciato da Piero Calamandrei al III congresso dell’Associazione a Difesa della Scuola Nazionale, a Roma l’11 febbraio 1950

martedì 21 ottobre 2008

Laviamo via il pregiudizio






«Se non si può vivere d’amore, si può morirne», dice un verso di John Donne. E penso a Matthew Shepard (vedi spazio nel blog http://tex-ognicosailluminata.blogspot.com/2008/09/matthew-shepard-10-anniversario.html ), un ragazzo gay di ventun anni, legato a un recinto e ucciso di botte in una notte di ottobre del Wyoming. Era il 12 ottobre 1998, dieci anni fa. La memoria corta dell’umanità non ha impedito di fare di questo ragazzo un simbolo della lotta contro l’omofobia. È anche per lui che la parola omofobia ha smesso di essere un vocabolo sconosciuto nelle nostre case, e molti Stati, non ancora l’Italia, si sono sentiti in dovere di adottare una legislazione idonea per combatterla. Memorabile l’orazione del padre di Shepard, nel corso del processo, di fronte agli assassini del figlio.Disse il padre: «Matt è divenuto un simbolo, alcuni dicono un martire, il ragazzo-della-porta-accanto contro i crimini motivati dall’odio. Va bene. Matt sarebbe contento di sapere che la sua morte è stata di aiuto per gli altri... La speranza in un mondo migliore, senza discriminazioni nei confronti delle diversità, era la sua molla. Lei, signor McKinney, e il suo amico, signor Henderson, avete assassinato mio figlio. Lei ha aperto gli occhi alla gente, ha permesso al mondo intero di comprendere che il modo in cui vive una persona non può giustificare la discriminazione, l’intolleranza, la persecuzione, la violenza. Io non potrò riavere mio figlio, ma posso fare del mio meglio perché questo non accada a un’altra persona o a un’altra famiglia. Mai più. Mio figlio è diventato un simbolo del rispetto dell’individualità e della diversità».Nella vita politica e personale, questo simbolo si accende, e spesso si spegne, in continuazione. Uno sguardo ai fatti, piccoli e grandi, dell’ultimo mese. In Ecuador, un referendum ha approvato, con oltre il 65% dei voti, la nuova Costituzione, che riconosce i diritti delle coppie di fatto, comprese quelle dello stesso sesso. In India, la Corte Suprema sta discutendo la richiesta avanzata da alcune associazioni di abolire il reato di omosessualità, previsto dall’art. 377 del codice penale: il verdetto sarà noto nei prossimi giorni. Tra poco sapremo anche cosa decideranno i cittadini della California, chiamati a votare, il 4 novembre, non solo per il nuovo presidente degli Stati Uniti, ma anche, con apposito referendum, per abrogare la legge attualmente in vigore che consente i matrimoni gay. McCain vuole sfruttare a suo favore il voto anti-gay dei conservatori, mentre Obama ha dichiarato che quella legge deve rimanere in vigore. Intanto, il Connecticut ha esteso i diritti delle coppie eterosessuali anche a quelle omosessuali.In Italia riprende il dibattito parlamentare sull’omofobia e sulle unioni civili, che tante pene ha causato alla precedente legislatura. In Commissione Giustizia, la deputata Pd Paola Concia ha presentato la proposta di legge recante «Disposizioni in materia di reati commessi per finalità di discriminazione o di odio fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Pochi giorni dopo, i ministri Rotondi e Brunetta hanno depositato la proposta di legge DiDoRe (Diritti e Doveri di Reciprocità dei conviventi), ennesimo acronimo che prova a regolamentare le unioni di fatto. Da quello che si può leggere, i DiDoRe rimangono nell’ambito del diritto privato, trascurano questioni fondamentali come la pensione e l’eredità e, richiedendo una convivenza da almeno tre anni, veicolano l’idea che i cittadini a cui si rivolge questa proposta di legge sono comunque meno affidabili di altri, quelli che possono sposarsi. A chi pensa esistano famiglie di serie A e di serie B, suggerisco la lettura di un libro appena uscito per le Edizioni Mimesis, «Le unioni tra persone dello stesso sesso», a cura di Francesco Bilotta, ricercatore di diritto privato a Udine, ma cresciuto alla cattedra di Stefano Rodotà. Attraverso profili di diritto civile, comunitario e comparato, per la prima volta in Italia si affronta il nodo giuridico delle famiglie formate da persone dello stesso sesso, studiando la percorribilità di una strada giudiziaria che consenta di tutelare i diritti delle coppie omosessuali. Per Anthony Giddens «una democrazia delle emozioni non fa distinzione di principio fra relazioni eterosessuali e omosessuali». Non serve dire: «ho tanti amici gay». Serve vivere in uno Stato capace di offrire a tutti i suoi cittadini le stesse opportunità. Inutile chiudere gli occhi: la famiglia è sempre una costruzione sociale. Il riconoscimento delle famiglie omosessuali, che di fatto già esistono, non toglie nulla a nessuno. È un’acquisizione di diritti per alcuni, non una riduzione di diritti per altri. Un percorso che, illuminando la vita di una minoranza, porta luce al futuro di un’intera società. Ma succede di finire nelle tenebre. È il caso di Chiara Atzori, infettivologa presso l’Ospedale Sacco di Milano e sostenitrice della terapia riparativa, che a Radio Maria, nella trasmissione «Il medico in diretta», rispondendo a un ascoltatore preoccupato che la “legalizzazione” dell’omosessualità possa diffondere l’Aids, non solo non sente il bisogno di spiegare che non siamo in Iran e che da noi l’omosessualità non è illegale, ma rincara la dose aggiungendo che «nei Paesi dove è avvenuta la normalizzazione dell’omosessualità, e quindi in qualche modo la depatologizzazione intesa come, così, equiparazione di un modo di essere come un altro, i risultati sanitari sono stati devastanti». Insomma la vecchia teoria del gruppo di untori (il trascritto verbatim della trasmissione è disponibile su internet). E questo proprio nei giorni in cui il Papa, in occasione dei 40 anni della Humanae Vitae di Paolo VI, lancia un nuovo attacco ai metodi contraccettivi. Ma dove sta di casa la scienza? La domanda circolava anche in un convegno organizzato dall’Associazione Italiana degli Psichiatri e Psicologi Cattolici, a Roma, lo scorso 11 ottobre. Nel tentativo, dicono gli organizzatori, di favorire un dialogo tra chi si riconosce nei valori della Chiesa (e quindi, deduco, nella convinzione ratzingeriana per cui «la persona che si comporta in modo omosessuale agisce immoralmente») ma anche, in quanto psicologo, appartiene alla comunità scientifica e quindi dovrebbe considerare l’omosessualità come una variante della sessualità umana. Come si può capire, si tratta soprattutto di un dialogo interno allo psicologo cattolico, che va comunque sostenuto con l’ascolto e la condivisione di materiale scientifico. Il convegno ha offerto l’occasione di ascoltare la bella testimonianza di Natascia, insegnante e laureanda in psicologia: «quello che posso dire riguardo alla mia esperienza, in parole semplici, è che nel momento in cui mi sono riconciliata con la mia affettività e il mio orientamento omosessuale lì ho trovato ad attendermi Gesù. Ho sentito un forte senso di liberazione e qualcosa si è sciolto dentro di me: finalmente potevo vivere pienamente la mia identità. È stato un cammino lungo che mi ha chiesto umiltà e coraggio, ma da sono ripartita per costruire una vita vera, sana ed equilibrata».Il problema è l’omofobia. Come assetto emotivo e fenomeno sociale. Un fattore così potente che spesso finisce per essere interiorizzato dalle stesse persone omosessuali, tradotto in vergogna e indegnità. Al punto da spingere alcuni a chiedere di essere aiutati a cambiare orientamento sessuale. Impresa impossibile, diceva Freud. Sciaguratamente, a questa domanda, alcuni psicologi, ai margini della comunità scientifica, rispondono proponendo nefaste “terapie riparative”, di “riconversione” all’eterosessualità. Interventi pericolosi, che rinforzano il pregiudizio e peggiorano lo stato psicologico di persone già sofferenti. A Napoli, il 9 ottobre, l’associazione «I-Ken», con il contributo di Provincia, Comune e Università, ha organizzato la prima giornata nazionale di studio: «Omofobia. Interventi integrati in ambito educativo». Quelli di «I-Ken» lavorano sodo sul territorio della città e si sono inventati un simbolo bellissimo: una saponetta rosa che lava via il pregiudizio. La democrazia, politica ed emotiva, è sempre imperfetta, ma buone leggi possono fare molto per migliorarla. Auguriamoci che la saponetta che lava il pregiudizio finisca nei bagni del nostro Parlamento.



Vittorio Lingiardi Psichiatra e psicoanalista, docente alla Università “Sapienza” di Roma
l'unita' 21 ottobre 2008

lunedì 20 ottobre 2008

Slogan

Mariastella Gelmini raccolta






Gelmini, se hai fegato, rimetti il tuo mandato: questo ti grida chi il decreto lo ha studiato

Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini

"La Riforma fatela davvero: libri di testo a costo zero."

"Contro la Riforma non basta una sfilata: lotta dal basso auto organizzata."
"No alla scuola di classe."
"Berlusconi, Tremonti, Gelmini: non vogliono studenti, ma solo burattini."

CONTRO LA RIFORMA NON BASTA UNA SFILATA OGNI SCUOLA SARA’ UNA BARRICATA!

GELMINI E TREMONTI CI VOGLION TUTTI TONTI!!

Se l'istruzione vi sembra un costo, provate l'ignoranza

Maestro unico per un pensiero unico

più si taglia, più si raglia

PROTESTIAMO A OLTRANZA CONTRO L'IGNORANZA!
LA VOSTRA CRISI NON LA PAGHEREMO NOI!
LE NOSTRE MAESTRE SONO GIà UNICHE!

Al Silvietto e alla sciura, il SAPERE fa paura!!

Pochi pochi soldi, tanta fantasia, la scuola pubblica, la meglio che ci sia Tanti, tanti soldi, poca fantasia, la privata la peggio che ci sia

La pubblica è di tutti, stranieri e italiani, belli e brutti

TANTI BRAVI SOLDADINI (OVVERO: LA SCUOLA COME LA VOGLIONO TREMONTI E GELMINI)

MENO SCUOLA, LO DICE IL DECRETO PER FAR LE LETTERINE BASTA L'ALFABETO.

TAGLIATE LE ARMI PER RISPARMIARE LA SCUOLA PUBBLICA DEVE RESTARE
MINISTRO GELMINI MA DELL'ISTRUZIONE CAPISCI QUALCOSA O VUOI UNA LEZIONE?
DECRETO E FIDUCIA SONO IN SOSTANZA PAURA DEL CONFRONTO ED ARROGANZA
NOI DIFENDIAMO I VOSTRI BAMBINI PIU' CULTURA MENO GELMINI
PER BRUNETTA E PER GELMINI SIAMO TUTTI DEI CRETINI
http://it.youtube.com/watch?v=WZ6l63odxSY

venerdì 17 ottobre 2008

Nuova arte cinese



Alcune delle tredici figure umane raffigurate in anzianità, rappresentanti i leader mondiali, che combattono fra loro muovendosi in maniera casuale su sedie a rotelle sono parte della realizzazione intitolata "La casa delle persone vecchie", opera degli artisti pechinesi Sun Yuan e Peng Yu esposte nella nuova Saatchi Gallery di londra







L'opera "Communication" realizzata da Cang Xn

giovedì 16 ottobre 2008

Travaglio




Marco Travaglio condannato per aver diffamato Cesare Previti



Una condanna a otto mesi e una multa di cento euro. Il Tribunale di Roma ha condannato il giornalista Marco Travaglio per un articolo pubblicato dal settimanale «L'Espresso» il 3 ottobre del 2002. Titolo del pezzo: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia».Cesare Previti, parlamentare, avvocato di Silvio Berlusconi e già condannato per le vicende Imi-Sir e lodo Mondadori, lo denunciò per diffamazione. Il giudice gli ha dato ragione, stabilendo anche un risarcimento danni di 20 mila euro in favore dello stesso Previti. Condannata anche Daniela Hamui, come direttore responsabile del settimanale, a 5 mesi e 75mila euro di multa. Sia per Travaglio che per la Hamui, comunque, la pena è sospesa.Nell'articolo Travaglio affermava che Previti, presente nello studio dell'avvocato Carlo Taormina, aveva partecipato a una riunione in cui con l'ex colonnello dei carabinieri Michele Riccio si sarebbe parlato di dare una mano a Marcello Dell'Utri, indagato per mafia. Riccio confermava la presenza di Previti, collegandola esclusivamente alla comune attività politica con Dell'Utri, escludendo la partecipazione dell'ex ministro ai discorsi sulla situazione giudiziaria dell'ex amministratore di Publitalia.




Il giornalista si difende: «Nessuna diffamazione, ricorrerò in appello»
«Preoccupato? Per i 100 mila euro di multa...»
Parla Travaglio: «Condannato per l'articolo in cui ho trattato meglio Previti. Ma credo nella giustizia»
MILANO - «Quello che mi offende di più sono i cento euro di multa» dice ridendo Marco Travaglio. E continua con un’altra battuta: «Vista l’entità della pena mi conveniva fare un falso in bilancio». Così il giornalista collaboratore della trasmissione Annozero commenta la sentenza del tribunale di Roma che lo ha condannato a 8 mesi di reclusione e 100 mila euro di multa per diffamazione ai danni dell'ex ministro della Difesa e parlamentare di Forza Italia Cesare Previti. Il giudice ha emesso la sentenza in relazione ad un articolo pubblicato dal settimanale «L’Espresso» il 3 ottobre del 2002 dal titolo: «Patto scellerato tra mafia e Forza Italia». Se l’aspettava Travaglio? Cos’è successo? «In realtà non me l’aspettavo. Non ho sottomano l’articolo che feci ma ricordo bene. Riportai le dichiarazioni del colonnello Riccio del Ros, il quale a verbale aveva detto alla Procura di Palermo di avere partecipato ad una riunione, credo nello studio dell’avvocato Taormina, nella quale si doveva vedere come sistemare certe faccende che riguardavano Dell’Utri. E disse che quel giorno era presente nello studio anche l’avvocato Cesare Previti. Lo ha testimoniato anche in udienza, ribadendo che Previti non aveva fatto niente di male. Io registrai la cosa ma senza aggiungere nulla. Quindi non ho detto che Previti aveva fatto, quel giorno e in quella circostanza, qualcosa di male. Forse è il pezzo in cui, più che negli altri, mi sono occupato di Previti più di sfuggita. Il pezzo in cui sicuramente l’ho trattato meglio». Non era preoccupato dunque per quella querela? «Previti praticamente mi querela ogni volta che lo nomino. Quindi non mi preoccupavo. Ora è riuscito a trovare un giudice che gli ha dato ragione. Io continuo a ritenere di avere riportato semplicemente, da cronista, quello che ha raccontato un testimone oculare. Non sono abituato a parlare di complotti o di toghe azzurre o di sentenze politiche o di persecuzioni. Penso che quando non si condivide una sentenza, e io non la condivido, non si sta a parlarne tanto. La appelleremo e speriamo che in Corte d’Appello sei occhi vedano meglio di due». Se la pena non fosse stata sospesa paradossalmente avrebbe potuto beneficiare dell’indulto … «Io mi auguro, dato che è solo un primo grado, che arriverà l’assoluzione. Non voglio essere salvato dall’indulto anche se l’indulto a differenza della prescrizione è irrinunciabile. Credo, almeno… Non vedo perché devo prendere in considerazione l’indulto, al quale tra l’altro non credo. Mi fido della Giustizia. Sono convinto di non aver diffamato nessuno». I suoi nemici stasera brindano… «Mah, facciano un po’ quello che vogliono. Si accontentano di poco. Che cosa devo dire? Ho saputo che il Tg1 ha dato la notizia. Sono diventato addirittura più importante di Dell’Utri. Quando condannano Dell’Utri i telegiornali non lo dicono. Quando condannano me lo dicono. Evidentemente mi ritengono più importante di questi signori. D’altra parte come diceva Victor Hugo “c’è gente che pagherebbe per vendersi"».
Nino Luca
Corriere della sera (15 ottobre 2008)


Patto scellerato tra mafia e Forza Italia
Un uomo d'onore parla a un colonnello dei rapporti di Cosa nostra e politica. E viene ucciso prima di pentirsi
Ecco il programma politico di Cosa Nostra. Semplice, elementare, addirittura banale: «amnistia di cinque anni. Indulto di tre. Erano commissione giustizia. Ora dovrebbe farla il nuovo governo.». Nel febbraio 1994 un boss di primissimo piano lo confida punto per punto a un colonnello della Dia, che al termine di ogni colloquio lo annota via via sul suo taccuino di appunti. L'amnistia e l'indulto, gli stessi obiettivi di cui si torna a discutere oggi, con la proposta Biondi-Taormina, già sottoscritta da diversi parlamentari del centrodestra e del centrosinistra per placare la rivolta nelle carceri . sono alla pagina 47 di quel taccuino. Poco prima, a pagina 32, si legge: «Quelli di Forza Italia hanno promesso che in caso di vittoria entro 6 mesi regoleranno ogni cosa a loro favore. Palermitani dietro le stragi. siciliani dietro gli attentati in Italia». Pagina 36: «La Fininvest ha pagato un miliardo di tangenti a Santa Paola (boss della mafia catanese, ndr) dopo l'attentato incendiario che ha subito lo stabilimento Standa a Catania. Rapisarda-Marcello Dell'Utri». Pagina 42: «Prov. (Provenzano, ndr) molto cambiato, parla di pace sintomo di debolezza. Spera in Forza Italia fra sette/5 anni tutto dovrebbe ritornare un po' come prima». Pagina 49: «Andranno contro il partito o i partiti dei magistrati, la gente non ne può più, mancano i lavori delle grandi aziende c'è solo repressione lotta alla mafia e nient'altro in alternativa protesta operaia e manifestazioni destinate a crescere, aspettano nuovo partito o schieramento».
Il boss "gola profonda" si chiama Luigi Ilardo, è nato a Catania nel 1951 ed è il cugino nonché il braccio destro di Giuseppe "Piddu" Madonia, il capomafia di Caltanissetta vicinissimo a Bernardo Provenzano. Lui stesso, Ilardo, si vede e comunica spesso con Provenzano. L'ufficiale che raccoglie le sue rivelazioni è il colonnello dei carabinieri Michele Riccio (in seguito coinvolto in un processo a Genova su presunti blitz antidroga "pilotati" nel Savonese). Le prime confidenze sono dell'ottobre 1993. Pochi mesi dopo le ultime stragi, quelle dell'estate, a Milano, Firenze e Roma. E pochi mesi prima della "discesa in campo" di Silvio Berlusconi. Soprattutto di questo parla Ilardo: della presunta "regia superiore" delle stragi e dei presunti accordi fra Cosa Nostra e uomini di Forza Italia.
Gli appunti del colonnello Riccio (388 pagine), travasati in un rapporto firmato dall'ex numero due del Ros Mauro Obinu, non riceveranno smentite. Ma solo riscontri e condanne per gli uomini di Provenzano (la sentenza del tribunale conferma il "giudizio di affidabilità sull'operato del Riccio e sulla correttezza dello stesso" nella gestione di Ilardo). Ora quelle carte sono state depositate dalla Procura di Palermo nel processo contro Dell'Utri.
Riccio contatta Ilardo nel settembre 1993, nel carcere di Lecce. Il boss ne esce nel gennaio 1994, per motivi di salute, e torna in Sicilia. Ormai fa il doppio gioco. Mancano due mesi alle elezioni del 27 marzo, poi vinte da Berlusconi. E il boss s'incontra segretamente con Riccio, svelandogli in presa diretta la campagna elettorale di Cosa Nostra. Dopo le stragi e la cattura di Riina rivela: «Provenzano, Pietro Aglieri e le altre famiglie palermitane di erano schierati contro Bagarella, colpevole di seguire ciecamente la politica sanguinaria di Riina. che aveva inasprito la reazione dello Stato e condotto allo sbando Cosa nostra e al fenomeno del pentitismo. Bagarella era isolato. Provenzano, nascosto a Bagheria, aveva fatto sapere alle 'famiglie' siciliane di stare tranquille e di non esporsi ad attività criminali avventurose, ma di aspettare tempi migliori, forieri di un contesto politico stabile e più garantista nei confronti della criminalità organizzata».
Ilardo racconta al colonnello anche come Cosa Nostra decise di votare nel 1994. «In Caltanissetta, i 'palermitani' avevano indetto una riunione», in cui si era deciso che «tutti gli appartenenti alle varie organizzazioni mafiose del territorio nazionale avrebbero dovuto votare Forza Italia». Come mai? «I vertici avevano stabilito un contatto con un esponente insospettabile di alto livello nell'entourage di Berlusconi. Questi, in cambio del loro appoggio, aveva garantito normative di legge a favore degli inquisiti appartenenti alle varie 'famiglie' mafiose, nonché future coperture per lo sviluppo dei loro interessi economici quali appalti, finanziamenti statali...».
Chi è l' uomo «dell'entourage di Berlusconi»? La risposta è in un verbale firmato da Riccio il 21 dicembre 1998 davanti ai pm di Firenze che indagano sui mandanti occulti delle stragi: «Nel marzo-aprile 1994 ho detto a Ilardo: per caso l'uomo dell'entourage è Dell'Utri? Lui mi ha fatto la battuta, guardandomi: "Lei le cose le capisce! Poi ne riparleremo. Vedrà quanti ne passeremo".». Le stragi dovevano servire «per mettere sotto i politici», che «facevano promesse su promesse» a Bagarella.
Il 27 marzo 1994 Berlusconi vince le elezioni e diventa presidente del Consiglio. Ilardo spiega a Riccio che «molta della credibilità del Provenzano all'interno di Cosa Nostra sarebbe dipesa da quanto sarebbe riuscito a ottenere a seguito delle promesse ricevute dagli appartenenti al nuovo apparato politico che aveva vinto le elezioni in cambio dei voti». Dopo il 27 marzo tutto cambia. Racconta Riccio: «Ilardo mi ha detto: non dobbiamo fare più attentati eclatanti. Gli imprenditori ci aiuteranno, nel tempo, con l'abolizione di determinati articoli (del codice, ndr). "Quando noi saremo al potere - ha detto il referente - entro sei mesi manterremo fede a quelle proposte"». Il nuovo governo non farà in tempo a fare nulla: durerà meno di 7 mesi.
Intanto Ilardo svela il nascondiglio di una decina di superlatitanti e li fa arrestare. Il 31 ottobre 1995 avverte Riccio che sta per incontrare Bernardo Provenzano in persona, in un casolare a Mezzojuso. Riccio, appena passato al Ros, chiede ai superiori i mezzi necessari per il blitz. La risposta è fredda, interlocutoria: non intervenire, ma limitarsi a "osservare" anche perché Ilardo non vuole portare addosso microspie e non è sicuro chi incontrerà. Su questo episodio la versione di Riccio si differenzia da quella degli uomini del Ros ed esiste una indagine del pm palermitano Antonino Di Matteo.
Nel marzo 1996, alla vigilia delle elezioni politiche (quelle poi vinte da Prodi), Ilardo rompe gli indugi e accetta di diventare un collaboratore di giustizia. Confesserà tutti i suoi crimini ed entrerà con la famiglia nel programma di protezione. Il 2 maggio lo conferma in un incontro nella caserma del Ros a Roma, dove il generale Mori lo presenta ai procuratori Caselli, Principato e Tinebra. Questi fissano il primo interrogatorio formale per il 15 maggio. Ilardo torna in Sicilia per mettere a punto gli ultimi dettagli. Avverte i famigliari. Consegna a Riccio i "pizzini" (bigliettini) del suo carteggio con Provenzano. I due si vedono ancora il 10 maggio, all'aeroporto di Catania. Poche ore dopo, alle 21.30, Ilardo viene assassinato da due killer davanti a casa sua.
Quello che avrebbe potuto diventare un altro Buscetta non parlerà più. Una fuga di notizie, quasi certamente di provenienza "istituzionale", ha avvertito Cosa Nostra del pericolo incombente. Solo Riccio può ridargli la voce. Cosa che fa attraverso i suoi appunti tutti scritti con inchiostro verde e le testimonianze. Senonchè, nel marzo 2001, viene convocato nello studio del suo avvocato, Carlo Taormina, per una riunione con Dell'Utri e il tenente Carmelo Canale, entrambi imputati per concorso esterno in mafia. Riccio denuncia subito il fatto alla Procura di Palermo: «Si è parlato di dare una mano a Dell'Utri. Io avrei dovuto dire che l'Ilardo non mi ha mai parlato di Dell'Utri come uomo di mafia, vicino a Cosa Nostra». In più Riccio deve dimenticarsi la mancata cattura di Provenzano. In cambio gli viene promesso un aiuto per rientrare nell'Arma e per ottenere "la rimessione del mio processo". «In quell'occasione, come in altre, presso lo studio dell'avv. Taormina era presente anche l'onorevole Previti». Taormina ammette il colloquio ma nega quelle pressanti richieste al cliente. In ogni caso, Riccio cambia avvocato.
Riccio e il suo ex difensore Taormina si rivedranno presto, a Palermo, per testimoniare al processo Dell'Utri.
MARCO TRAVAGLIO
L’espresso (3 ottobre 2002)


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mercoledì 15 ottobre 2008

Silenzio


Il Papa in silenzio di Furio Colombo



Una proposta sorprendente è stata avanzata da Papa Benedetto XVI come ragione importante per la beatificazione di Pio XII: il silenzio. Di fronte al dilagare delle leggi razziali in Europa e all’evidente gravità di quelle leggi prima ancora che arresti e deportazioni svelassero il progetto di distruzione completa di un popolo, Pio XII, capo della più vasta e potente organizzazione religiosa di un mondo che allora era centrato sull’Europa, ha ritenuto di tacere, di tacere anche quando, con l’occupazione tedesca di due terzi della penisola, Roma inclusa, dopo l’armistizio e il tentativo italiano di uscire dalla guerra, forze armate tedesche e fasciste erano attive, e aggressive, e vendicative nel tentativo di catturare quanti più ebrei, individui e famiglie fosse possibile, intimando la pena di morte a chi avesse aiutato i ricercati e compensando ogni delazione italiana (ce ne sono state a migliaia) con lire cinquemila.La principale ragione per apprezzare come utile e virtuoso quel silenzio è che in tal modo il Papa ha reso possibile una vasta rete di aiuto e sostegno in Vaticano, in chiese e in conventi italiani per salvare, ospitare, nascondere moltissimi italiani ricercati per razzismo e per ragioni politiche. Si è trattato della più estesa e attiva rete di rifugio e di soccorso, ben documentata dalla Storia e di cui migliaia di sopravvissuti, in Italia e nel mondo, hanno dato atto e gratitudine al Vaticano. Ci sono però due grandi obiezioni, una nel mondo dei fatti, l’altra a livello dei principi.I fatti ci dicono che l’Italia ha avuto un ruolo molto grande nell’orrore delle persecuzioni razziali che hanno insanguinato e marcato come indimenticabile vergogna tutta l’Europa.L’Italia cristiana, cattolica, legata con un Concordato alla Chiesa di Roma. È importante ricordare tutto ciò, oggi, alla vigilia del 16 ottobre. Quella notte del 1943 mille e diciassette cittadini ebrei romani - dai neonati ai vecchi ai malati - sono stati arrestati nelle loro case del Ghetto di Roma da unità militari tedesche munite di nomi e indirizzi da parte dei fascisti italiani. Tutti i rastrellati sono stati tenuti prigionieri per giorni presso il Collegio militare di Roma sotto la sorveglianza di militi fascisti, e poi deportati ad Aushwitz da dove quasi nessuno è tornato. Dunque ciò che è accaduto a Roma il 16 ottobre non è stato il blitz di un terribile istante ma una lunga, meticolosa operazione nazista e fascista durata per giorni nel silenzio di Roma. L’Italia era l’altra grande potenza che ha invaso e occupato, insieme ai tedeschi. Il ruolo che l’auto-narrazione italiana si è attribuito dopo il disastro e la sconfitta fascista, è quello di uno Stato buono, sgangherato e debole dove i soldati combattevano con le scarpe di cartone. Era vero, nell’esperienza disperata dei soldati di allora, ma persino mentre il disastro italiano si compiva, l’Italia dalla Francia ai Balcani alla Russia, era l’altro grande Paese invasore, oppressore, occupante. Non tutti i diplomatici e i generali italiani ubbidivano, anzi ci sono state clamorose dissociazioni di fatto (che vuol dire cauta ma ferma disobbedienza) dalle leggi razziali. Ma l’Italia era l’altro persecutore, le leggi razziali erano state firmate dal re italiano, unico caso in Europa. Ma il re Savoia era imparentato con metà delle monarchie europee del tempo, l’esercito sabaudo era collegato con l’attivismo nazista antisemita attraverso gerarchi, ufficiali, agenti della milizia fascista, che facevano comunque del loro meglio per terrorizzare le popolazioni locali e spingere al peggio i “Gaulatier” e i governi fantoccio. Erano impegnati a terrorizzare tutte le popolazioni, a sostenere tutti i fascismi locali più sanguinosi, ad accumulare, contro l’Italia, un odio che dura ancora. Ma sopratutto erano attivissimi nella collaborazione all’immensa rete di delitti che oggi chiamiamo Shoah. Il diario di un uomo giusto come Giorgio Perlasca che, da solo, in Ungheria, ha salvato migliaia di cittadini ebrei dalla deportazione fingendosi diplomatico spagnolo testimonia del frenetico lavoro della persecuzione in regioni e Paesi di un’Europa cristiana e in gran parte cattolica. O comunque sensibilissima all’autorità della Chiesa cattolica, che riguardava anche una parte non irrilevante di soldati e ufficiali tedeschi. E che certo condizionava il fascismo.E qui entra in campo la questione di principio. Ciò che è accaduto in Italia, sopratutto l’assenza quasi totale di voci italiane contro le leggi razziali, allo stesso tempo spaventose e folli (folli in modo evidente, a cominciare dalle enunciazioni di principio, dai presunti fondamenti storici e logici, dal titolo stesso di “leggi in difesa della razza”) è reso più inspiegabile e difficile da giustificare a causa del comportamento del Parlamento filo-fascista bulgaro. Quel Parlamento, sotto la guida del presidente Dimitar Peshev (cito da libro di Gabriele Nissim «L’uomo che fermò Hitler», Mondadori), rifiutò e respinse le leggi razziali preparate sull’odioso modello italiano. E impedì in tutto il Paese occupato “dai camerati tedeschi” qualsiasi atto contro i cittadini bulgari ebrei. Dunque dire di no da parte di chi aveva autorità era pericoloso ma possibile. Imbarazza la memoria italiana anche il ben noto gesto del re di Danimarca che, pur privo di forza militare e di qualunque strumento di resistenza, si oppose, senza cedere mai, all’imposizione della stella gialla come identificazione dei suoi cittadini ebrei.Sono leggende, ormai, brandelli di un onore perduto. Sono tentativi di recupero di un minimo rispetto per un’Europa colta e orgogliosa della sua identità in cui è dilagato il peggior delitto della Storia. Ma quel delitto è dilagato nel silenzio. Ed è stato - poche volte - fermato dal coraggio, raro, drammatico, ma, come si vede, efficace di rompere il silenzio. Tutto dimostra che i nazisti avevano bisogno del silenzio e contavano sulla cancellazione della memoria.C’è un rapporto fra il silenzio che ha consentito a una organizzazione non sospetta e intatta (a causa del silenzio) come la Chiesa cattolica e la salvezza di migliaia di ebrei? Certo, c’è. Ma è lo stesso silenzio che ha consentito la deportazione e lo sterminio di milioni di ebrei d’Europa. Era possibile parlare? Rispondono alcune voci che, in alcuni luoghi, hanno cambiato la Storia. Era pericoloso? Lo era. Ma era anche un ostacolo grave e imbarazzante, se è vero che le radici d’Europa sono - dunque erano - cristiane e cattoliche.Infine: si ricorda un esempio, nella lunga storia cattolica di martiri e santi, di qualcuno portato all’onore degli altari per avere taciuto? Uno solo?

martedì 14 ottobre 2008

Sopra la Banca Tremonti canta


Sopra la Banca Tremonti canta

Giulio Tremonti *

Quanto alla stabilità del sistema finanziario e bancario, noi abbiamo ben chiaro quanto disposto nell'articolo 47 della Costituzione: la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio; ne disciplina le forme di esercizio. Fare attività di banca non è come svolgere un'attività industriale qualsiasi: il denaro non è una qualsiasi commodity, il risparmio è un bene pubblico.C'è una soglia oltre la quale la gestione del risparmio diventa forma di esercizio di un'attività che è oggetto del diritto pubblico. Nei limiti in cui è possibile tutto va svolto e deve essere svolto in termini di mercato, ma c'è una soglia oltre la quale rileva anche l'interesse pubblico. (...) Se il mercato è in grado di servire a quella banca il capitale necessario, la patrimonializzazione necessaria, l'intervento si esaurisce in questi termini, altrimenti insieme la banca e la Banca d'Italia chiedono al Governo un intervento sul capitale.

* ministro dell'economia


Traduzione

Ma guarda cosa mi tocca fare, ricordare che esiste la Costituzione. Che lavoro di merda. Vabbé, comunque. I casi sono due: o il mercato risolve i suoi problemi e si gratta le sue rogne con la sua famosa mano invisibile di cui vi ho sempre parlato bene, ma non ci credo per niente; oppure dobbiamo cacciare dei soldi noi, intesi come Stato. Il che vuol dire tutti quelli che per il mercato hanno stretto la cinghia. «La Repubblica tutela il risparmio e ne disciplina le forme di esercizio», che bella frase, ah, se l'avessi letta prima! Prima di inventare le cartolarizzazioni, prima di fare i condoni tombali, o gli scudi fiscali per i capitali in fuga. Comunque, questo è: prendere o lasciare. E in ogni caso non mancano segnali incoraggianti. Per esempio quella pozione per diventare keynesiani funziona davvero. Giuro!


Alessandro Robecchi

Indigenti

Il governo acquista parmigiano e grana e poi lo regala agli indigenti







PARMA - Il governo cerca il doppio colpo, con il formaggio grana: soccorrere un settore in crisi e aiutare la fascia debole della popolazione. Circa 100.000 forme di Parmigiano Reggiano ( circa 25-26 milioni di euro) saranno acquistate dal governo e destinate agli indigenti: questa la misura annunciata dal ministro dell'Agricoltura Luca Zaia per affrontare la grave crisi che sta colpendo il settore produttivo del Parmigiano Reggiano.



http://www.corriere.it/politica/08_ottobre_14/governo_formaggio_grana_91d43c40-9a03-11dd-a6f3-00144f02aabc.shtml


(Non è una barzelletta )
Un poveraccio non avra' i soldi per pagare l'affitto o le bollette ma nel frigo
(spento) avra' sicuramente un bel pezzo di grana ..

lunedì 6 ottobre 2008

Otto per mille



I soldi svaniscono, la parola di Dio no!


Benedetto XVI: la crisi delle banche ci fa capire come certe cose in realtà sono di secondo ordine










CITTÀ DEL VATICANO - «Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente, e tutte queste cose che sembrano vere in realtà sono di secondo ordine». Lo ricordi chi «costruisce solo sulle cose sono visibili, come il successo, la carriera, i soldi». Lo ha detto il Papa, parlando a braccio, in apertura dei lavori del sinodo dei vescovi sulla Bibbia. «Solo la parola di Dio - ha detto - è una realtà solida».
COSTRUIRE SULLA ROCCIA - La riflessione del Papa è partita dal brano evangelico sulla casa costruita «sulla sabbia o sulla roccia». «Costruisce sulla sabbia la casa della propria vita - ha osservato Benedetto XVI - chi costruisce solo sulle cose visibili e toccabili, come il successo, la carriera, i soldi». «Apparentemente - ha commentato - queste sono le vere realtà, ma questa realtà prima o poi passa: vediamo adesso nel crollo delle grandi banche, che scompaiono questi soldi, che non sono niente». «Di per sè - ha aggiunto - tutte queste cose che sembrano la vera realtà sono solo realtà di secondo ordine e chi costruisce su questo costruisce sulla sabbia». «Solo la parola di Dio è fondamento della realtà e cambia il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce la realtà nella parola di Dio».








Sarebbe stato meglio ricordare le parole di un tale di nome Gesu'
non so' se sua santita' Benedetto XVI lo conosca che un giorno disse
" E' piu facile che un cammello passi per la cruna di un ago ..che un ricco
entri nel regno dei cieli"

Direi che dopo queste dichiarazioni del papa "i soldi sono di second ' ordine "sia come minimo indispensabile l'eliminazione dell'otto per mille a favore della chiesa cattolica.

venerdì 3 ottobre 2008

Contro



Senza parole...


Il papa contro il Relativismo
http://it.youtube.com/watch?v=d8N0dWC10h4



Il Papa contro la contraccezione
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/esteri/benedetto-xvi-25/benedetto-xvi-25/benedetto-xvi-25.html?rss




Il Papa contro l'eutanasia
http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/benedettoxvi-20/papa-eutanasia/papa-eutanasia.html




Il Papa contro l' Italia dei Miracoli
http://blog.panorama.it/italia/2008/09/12/il-papa-contro-litalia-dei-miracoli/



Il Papa contro la pubblicità
http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo397575.shtml




IL Papa contro la globalizzazione
http://www.la7.it/news/dettaglio_video.asp?id_video=7378&cat=cronaca



Il Papa contro Internet
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=4398&ID_sezione=&sezione=




Il Papa contro le unioni civili
http://www.certidiritti.it/index.php?option=com_content&task=view&id=185



Il papa contro i PACS
HTTP://WWW.REPUBBLICA.IT/2005/K/SEZIONI/ESTERI/PAPARATZINGER1/PAPAPACS/PAPAPACS.HTML


Il Papa contro Zapatero
HTTP://WWW.QUEERBLOG.IT/POST/2790/2790



Il Papa contro la scienza
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/09_Settembre/08/papa_scienza.shtml



Il Papa contro la tv
http://www.gustocreativo.org/Il-Papa-contro-TV-e-pubblicita.html




Il Papa anatema contro i divorzi
http://www.romagnaoggi.it/esteri/2008/9/14/102594/




Il Papa contro Harry Potter
http://www.cineblog.it/post/691/il-papa-si-scaglia-contro-harry-potter



Il Papa contro il gigantismo dei media
http://www.wuz.it/Home/AnsaNews/tabid/65/newsid/21010/Default.aspx



Il Papa contro Nietzsche
http://www.tesionline.it/approfondimenti/articolo.jsp?id=167


Il Papa contro la 194
http://www.dirittiglobali.it/articolo.php?id_news=6349