lunedì 29 giugno 2009

Un paese senza niente


Un paese cupo. Da un po' di giorni i maggiori giornali italiani pubblicano foto di Berlusconi piuttosto corrucciate, e non c'è da stupirsi, l'aria dei suoi collaboratori è da: si salvi chi può. E la stampa inglese continua a dire che siamo agli ultimi giorni dell'impero, e che sicuramente Silvio si ritirerà. Cose tutte da dimostrare, e al momento piuttosto lunari. O a Londra sanno cose che ai giornalisti italiani non vengono dette, o forse sta accadendo qualcosa di peggio. Fuori dall'Italia nessuno ci capisce più nulla. E il nostro sta diventando un paese indecifrabile, dove avvengono cose che in paese normali di solito non accadono. E non si tratta soltanto del premier, delle escort, delle feste e delle inchieste. Tutto si è sfaldato. Tutto ha perso di valore.
Se anziché utilizzare degli indici economici per dire in che posizione mondiale siamo utilizzassimo degli altri indici, scopriremmo che siamo forse al duecentesimo posto. Per le nostre università, che quasi non compaiono nelle prime cento del mondo, per i nostri autori e i nostri libri, che nessuno traduce più, per i nostri film, che arrancano nei festival e sono brutti e mosci, per i nostri istituti di cultura all'estero, ridotti a niente, gestiti per buona parte da incompetenti, o da gente che vuole passarsi una vacanza in qualche capitale europea a spese del ministero degli Esteri. Per i nostri musei, tornati a una consuetudinaria inefficienza. Per i nostri giornali, e va detto anche questo, sempre più in caduta libera, sempre più in crisi di idee e e di lettori. E non perché siamo un paese che non legge, ma perché siamo un paese che non si fa leggere. Siamo duecentesimi al mondo, perché non sappiamo generare classe dirigente, duecentesimi al mondo perché non abbiamo formato giovani in grado di sostituirsi nei ruoli chiave. E non solo perché i vecchi impediscono il ricambio, ma perché siamo riusciti a fare un miracolo: le nostre giovani generazioni hanno coltivato in vitro i peggiori difetti delle vecchie, e sono già inservibili. Siamo cupi, abbiamo paura di dire la verità, pensiamo che un congresso di partito non si possa convocare se gli accordi non sono stati fatti prima. Fingiamo di vedere il nuovo dove il nuovo non c'è. E continuiamo a farci de male. Ma soprattutto siamo un paese incompentente, incompetente in tutto. Un paese di dilettanti allo sbaraglio. Guidati dal più gigantesco tra i dilettanti. Lui, quel premier che incarna quello che siamo diventati, con la complicità di tutti. E allora, di cosa possiamo lamentarci?

venerdì 26 giugno 2009

domande

martedì 23 giugno 2009

sabato 13 giugno 2009

A Milano debuttano le ronde nere







MILANO - Dicono di essere 2.100 in tutta Italia, pronti a indossare una divisa con camicia grigia o kaki, basco con aquila imperiale romana, una fascia nera al braccio con impressa la 'ruota solare' simbolo del nascente Partito nazionalista italiano, che sarà guidato da Gaetano Saia, e pantaloni neri con striscia gialla o grigi. Sono i volontari della Guardia nazionale italiana, pronti a pattugliare le strade 24 ore su 24, affiancando le ronde padane, non appena sarà in vigore il disegno di legge sulla sicurezza.

Le cosiddette 'ronde nere' - la versione definitiva delle divise è ancora da decidere - sono state presentate questa mattina a Milano, durante un convegno nazionale dell'Msi (Movimento sociale italiano).

mercoledì 10 giugno 2009

Grillo - iniziativa popolare presentazione ddl


Limite di due legislature per parlamentare, elezione nominale e nessun inquisito
nelle aule di Montecitorio e Palazzo Madama. Beppe Grillo ha presentato alla commissione Affari costituzionali del Senato il ddl di iniziativa popolare di riforma della legge elettorale. Il comico e blogger non ha risparmiato critiche alla classe politica: «Quasi due anni dopo la raccolta delle firme per la legge di iniziativa popolare "Parlamento Pulito" - ha iniziato - ho l'onore di essere ricevuto e ascoltato come primo firmatario della proposta di legge. Due anni per parlare alla Commissione Affari Costituzionali. Una Commissione che valuterà le tre richieste: nessun condannato in Parlamento, limite di due legislature per ogni parlamentare, elezione nominale del candidato. Due anni di attesa per una legge firmata da 350.000 persone. È uno scandalo che 350.000 cittadini italiani non siano stati neppure considerati per due anni».

INDAGATI - «È uno scandalo - ha poi ripetuto Grillo - che siano presenti in Parlamento 20 condannati in via definitiva. Uno schifo che 70 dei nostri rappresentanti siano stati indagati e condannati. Parlamentari come Cuffaro e Dell'Utri sono stati eletti per meriti giudiziari. Sei persone hanno scelto chi mandare in Parlamento: amici, avvocati e, scusate, anche qualche zoccola. Dovreste cominciare a preoccuparvi - ha aggiunto - di gente come De Magistris e Sonia Alfano che hanno ottenuto centinaia di migliaia di preferenze senza avere televisioni o altri mezzi».

LODO ALFANO E INFORMAZIONE - «Oggi - sottolinea Grillo - viene approvata una legge che limita le intercettazioni e mette il bavaglio all’informazione. Io sarò, presumo, il primo condannato perché farò disubbidienza civile. Il primo pensiero dello psiconano non è il Paese, ma sempre e solo non farsi beccare. Avete approvato il lodo Alfano per evitare che Berlusconi finisse in galera, ora volete limitare il diritto del cittadino ad essere informato». Secondo Grillo, però, «la marea sta montando, lo psiconano può fare comizi ormai solo nelle piazze chiuse, in cui fa entrare come a Firenze, come a Prato, solo la sua claque. Ha inventato la piazza chiusa, lo difendono la sua scorta e gli avvocati. Gli sono rimasti quelli, insieme a uno stuolo di giornalisti definiti servi dalla stampa estera. Gli italiani non stanno più con lui, e tantomeno con chi gli ha permesso come Violante e Fassino per 15 anni di superare ogni conflitto di interesse».

TENSIONI - L'audizione di Beppe Grillo registra anche qualche momento di 'frizione' con i senatori presenti. Quando il comico genovese usa l'espressione «siete anti-storici, siete vecchi, lontani dalla realtà», la vice presidente Maria Fortuna Incostante (Pd), che fa le veci di Carlo Vizzini che non presiede, lo interrompe e dice: «Se dobbiamo usare questi toni allora usciamo da questa stanza e ci insultiamo reciprocamente fuori». Grillo, allora chiarisce: «Intendevo vecchi nel concetto di politica, non nel fisico. Voi andate da una parte e il mondo da un'altra».

sabato 6 giugno 2009

contestazioni


Suona un po’ ridicolo e démodé, l’articolo 654 del codice penale, un articolo vintage che sa di ventennio (quello là) e che dunque ben si adatta al ventennio (questo qua): “grida e manifestazioni sediziose”, nientemeno. La denuncia parte dal vicequestore di Lecco Guglielmino e colpisce un giovane della stessa città, Duccio Facchini. Inopinatamente sedizioso il contesto: mentre il ministro La Russa era in visita a Lecco per sostenere il suo candidato alla provincia e rilasciava copiose interviste, il ragazzo urlava, dall’altro lato della piazza, frasi come “La Russa chiedi scusa all’Onu”, o anche “E ve la prendete coi i migranti”. Tutto qui. Non una sberla (a parte quelle incassate dal Facchini, zittito dalla polizia), non un contatto fisico, solo qualche urlo, ma abbastanza per far saltare i nervi al ministro e al suo codazzo. E poi tutto rigorosamente documentato in video e finito su Youtube, compreso lo sprezzante ordine gracchiato da La Russa: “Se lo possiamo identificare e portare via…”. Un piccolo caso di provincia, dunque, una quotidiana e normale dimostrazione di arroganza del potere, cose che non finiscono nei giornali, nei tg tantomeno, figurarsi (sacrilegio!). Non come quando gruppetti di giovinotti contestavano ogni uscita di Prodi, e non solo nessuno li “identificava”, ma diventavano l’apertura dei Tg del comitato elettorale Mediaset (ringraziamo Mentana per la definizione, ai tempi ne faceva ancora parte).
Eppure, qualcosa emerge. Piano piano, a poco a poco, come relitti in mare, mille episodi affiorano. Non passa giorno che sulle colonne dei giornali della sinistra, o in rete, qualcuno non lamenti di essere stato “identificato”. Spuntano minuscole notizie. La Gelmini contestata in Brianza chiama “pirla” i contestatori e poi dice di averlo fatto per stemperare gli animi. Non un cenno nei tg, per esempio sulla contestazione per Berlusconi a Firenze (sui cartelli, i titoli dei giornali stranieri). Non una riga per la carica della polizia a Prato, dove poche centinaia di persone assolutamente pacifiche vengono malmenate. Anche in questi casi tutto sta su Youtube, è lì da vedere. Alla fine si arriva ai grandi numeri. I due ragazzi che a Napoli urlano a Berlusconi: “Non venire più in Abruzzo, ci rovini!”. Identificati. Tra i cittadini che a Firenze hanno fischiato il premier: 15 identificati. Qualcuno fischia fuori dalle tendopoli abruzzesi. Identificato. Senza contare le situazioni in cui le contestazioni non arrivano nemmeno all’onore delle cronache, nemmeno al trafiletto, e tocca addirittura al contestato darne conto. Le agenzie battono: “A Bari i contestatori erano uno sparuto gruppetto” e le virgolette sono di esponenti Pdl, cioè si dà il commento (sprezzante) ma non la notizia. E sul corteo de L’Aquila, nemmeno una riga, silenzio obbligatorio. Ad ogni apparizione pubblica della junta al governo, insomma, media plaudenti, silenzio di tomba sui fischi e le contestazioni, gran lavoro delle autorità di polizia per identificare i “sediziosi”, setacciare il pubblico per gli incontri del premier, dove non si entra se non si è provati sostenitori, e decidere, nel caso, a quale articolo del codice penale ricorrere. I video finiscono su Youtube, girano in rete, la contestazione negata dall’informazione e nascosta dai dipendenti del contestato diventa semiclandestina, una specie di samizdad negato al grande pubblico che di quelle grida sediziose non sa e non deve sapere. Andrea Camilleri l’ha chiamata la “sindrome del Raphael”, ricordando le monetine lanciate a Craxi qualche millennio fa: nascondere ogni dissenso è imperativo categorico. Contestatori, fischi, “urla sediziose”, tutto va negato e cancellato dai media, come nelle antiche e divertenti veline del regime, che si tratti della vita privata del premier (“Ricordarsi che le fotografie del Duce non vanno pubblicate se non sono state autorizzate” – 1936) o della crisi economica (“Non toccare l’argomento delle cosiddette code davanti ai negozi” – 1940). E questo si sa. La cosa più preoccupante, invece è il passaggio successivo: appurato che si può cancellare la realtà dai media, sbianchettare i tg di proprietà o controllati, premere sulla stampa; allo stesso modo si pensa di poterla cancellare dalle piazze, usare un questore, un vicequestore, un pubblico ufficiale come fosse un qualunque caporedattore dei tg di famiglia, insomma, un dipendente. “Identificatelo e portatelo via”. Detto e fatto. Signorsì, signore.

lunedì 1 giugno 2009