sabato 23 gennaio 2010

Vaccino


Statisticamente è più facile morire nel centro di Milano stritolati da un calamaro gigante con la pipa e la sciarpa del Milan che di influenza A. Nonostante questa evidenza, il ministero della sanità italiano ha acquistato 24 milioni di dosi di vaccino per 184 milioni di euro stipulando con la Novartis un contratto che persino un caporale di Rosarno avrebbe considerato troppo iniquo. Nell’occasione, gli italiani si sono rivelati meno fessi del previsto: magari guardano il Tg1 e credono che Craxi era un santo. Magari guardano il Tg5 e sono convinti che c’è il boom economico. Ma quando si è trattato di farsi il vaccino si sono così espressi: Marameo (44,3 %), Vaccinati tua sorella (30,7%), Manco se mi paghi (14%), Vaffanculo (7,1 per cento, quasi tutti medici), mentre il 3,99 per cento è corso alla asl a farsi siringare. Si dovrebbe considerare quest’ultima cifra come l’effettivo gradimento al governo e ai suoi terrorizzanti mass media. Per le grandi aziende farmaceutiche è stato un regalo prezioso, e se ne potrebbe trarre lezione per il tanto atteso rilancio economico. Tipo: se non compri una macchina entro marzo morirai tra atroci sofferenze. Ora, questo paese caritatevole ed enormemente buono che è l’Italia ha deciso di regalare il 10 per cento delle dosi acquistate all’Oms, che dovrebbe girarle ai paesi poveri. Ma i poveri dei paesi poveri, pur di rompere i coglioni e di remare contro non si ammalano nemmeno loro di influenza A. Preferiscono morire di fame, o in mare cercando di venire qui, o bastonati dalla brava gente di Rosarno, o sparati dalla camorra a Castel Volturno. Noi non siamo un paese razzista, ma loro sono proprio delle merde. Ora il sistema-Italia si trova con 23 milioni e 173.000 dosi di vaccino sul groppone, che scadono a dicembre 2010, tra 348 giorni. Per sfruttarle iniettandole tutte al ministro della sanità gli si dovrebbero fare 66.589 punture al giorno da oggi fino a Capodanno. Pensiamoci, perché no?

lunedì 11 gennaio 2010

venerdì 1 gennaio 2010

Discorso di fine anno


Care concittadine e cari concittadini. E’ con animo sereno, ma non scevro dalle mille preoccupazioni che vengono dal paese e dalla società, che mi appresto a questo saluto di fine anno. Un anno, bisogna dirlo, segnato da luci e ombre: crisi, litigiosità politica, terremoti, inondazioni, scandali sessuali, tutte tragedie bilanciate dal fatto che Bondi ha smesso di scrivere poesie: seppur di poco, il bilancio è positivo. Ogni fine d’anno si porta appresso i buoni propositi per una nuova stagione, che tutti speriamo feconda, foriera di vantaggi, almeno quanto lo è stato lo scudo fiscale per la mafia. Il sostegno alle famiglie, come vedete, ha funzionato. I problemi sul tavolo sono molti, non c’è italiano che non li conosca. Particolarmente a cuore, per esempio, ci sta l’integrazione delle culture diverse affluite sul territorio nazionale. E’ giusto che chi vive qui impari la lingua: questa è, giustamente, una grande preoccupazione per l’ingegner Castelli. E’ troppo chiedere che i figli degli stranieri che rifiutano d’integrarsi vadano bene a scuola? In certi casi bisogna essere inflessibili con pochi per salvaguardare molti: il figlio di Bossi, pluribocciato alla maturità, andrebbe subito rimpatriato; e nel caso prevalga la compassione, al massimo, aiutato a casa sua.
Molto è stato fatto negli ultimi anni per modernizzare il paese, ma è un’impresa che non si può lasciare incompiuta: l’introduzione in molte regioni della Costituzione digitale terrestre deve continuare senza soste. E’ vero che in questo modo molti utenti non riusciranno più a vedere l’articolo 3 (la legge è uguale per tutti), o l’articolo 32 (diritto alla salute), ma la perfetta ricezione di Mediaset Premium saprà ovviare ai piccoli inconvenienti tecnici che ogni innovazione porta con sé. Un’altra piaga da combattere è quella dell’assenteismo nella pubblica amministrazione. E’ intollerabile che certi dipendenti pubblici sottraggano tempo al lavoro – è bene ricordarlo, retribuito da tutti i cittadini – gettando il loro tempo in conferenze stampa e monologhi egocentrici in cui si insultano gli avversari politici. Se le nuove norme sulla produttività dei dipendenti pubblici tanto annunciate, sbandierate e propagandate, si applicassero al ministro Brunetta avremmo oggi un disoccupato in più, licenziato per giusta causa: meno male che è solo fuffa.
Non secondaria, in questo contesto, l’urgenza di attenuare la troppo esasperata litigiosità della vita politica. Insulti, sgambetti, scherzi di pessimo gusto, scorrettezze manifeste, ingiustizie palesi, sanguinose ingiurie, miliazoni. E mi fermo qui per carità di patria, ma l’elenco delle angherie che il Pd sta infliggendo ai suoi elettori e a tutta la sinistra è sotto gli occhi di ognuno. Bisogna dire basta a una simile barbarie. Oltretutto si tratta di una spropositata sperequazione nelle pene, e urge anche una seria riforma del codice penale: che si prendano tre anni di galera per rapina a mano armata e quindici anni di D’Alema – o additura venti di Violante – senza aver commesso alcun reato è davvero inaccettabile. Anche sul campo della regolamentazione della vita civile bisogna darsi da fare: una buona legge sul “fine vita”, per esempio, avrebbe risparmiato a tutte le formazioni di sinistra una tremenda agonia. Staccare la spina a volte è un gesto di umanità, ma vedere verdi, comunisti italiani, rifondaroli e altri staccarsi la spina a vicenda senza nemmeno avvertire i parenti non è stato un bello spettacolo.
Alcune riforme sono state giustamente avviate, ma ancora paiono in alto mare. Le scuole elementari italiane, per esempio, sono ancora gravate dal peso insostenibile di migliaia di insegnanti. L’introduzione del maestro unico non è più rinviabile. Certo dovrebbe essere collocato nel centro del paese, in modo da permettere a tutti i bambini di raggiungere la scuola per tempo, che vengano da Sondrio o da Trapani. La classe sarebbe un po’ numerosa, con la scuola a Roma gli ultimi banchi sarebbero a Viterbo, ma la continuità didattica propugnata dal ministro Gelmini sarebbe garantita.
Mi piace chiudere queste note con un accorato appello per il mondo della cultura. Molto è stato fatto, ed è una nota positiva, per colpire a morte il lavoro intellettuale. Purtroppo non si era considerato che scienziati e ricercatori se la sarebbero cavata mangiando i topini dei laboratori, ma per tutti gli altri stanno funzionando egregiamente alcuni provvedimenti mirati. Considerare di particolare valore culturale il cinepanettone di Natale, o finanziare profumatamente un polpettone leghista come il Barbarossa, rappresentano primi significativi passi, e sono certo che proseguendo su questa strada i risultati veranno. Dopo aver affidato i beni culturali a Sandro Bondi, il premio Strega a Belèn Rodriguez e il Campiello a Topo Gigio non sono più soltanto sogni. Siamo dunque sulla buona strada. Vogliate tutti gradire i miei più sentiti auguri per un 2010 felice e luminoso.