sabato 28 novembre 2009

Minacce




La crisi rende nervosi, crea paura, confonde, e costringe molti a fare due lavori. Come non essere solidali quindi con Francesco Guzzardi, il valoroso cronista ligure de Il Giornale costretto a scriversi da sé le lettere di minaccia firmate Brigate Rosse, a consegnarle in redazione, a leggere con commozione le mail di solidarietà dei lettori? Tutto da solo! Ci chiediamo con angoscia cosa abbia dissuaso Francesco Guzzardi, questo eroe del suo tempo (e purtroppo pure del nostro) dallo spararsi in un piede, dal rapirsi da solo. Pare di vederlo, nel sonno che si urla da solo "comunista!", magari che studia come gambizzarsi e poi che dichiara (ma questo è vero): “Se chi ha scritto questo messaggio intendeva intimorirmi o addirittura costringermi a tacere, è bene che se lo tolga subito dalla testa”. Bravo Guzzardi! Non lasciarti intimorire dalle lettere di minaccia che ti scrivi! Va detto che la lettera minatoria, vergata a mano, con una stella a cinque punte e la scritta Brigate Rosse non era di quelle piacevoli. Diceva testualmente: “Non abbiamo ancora deciso se spaccare il culo prima al vostro servo Guzzardi l’infame della Val Bisagno e degli sbirri o passare prima da voi molto presto lo scoprirete” (la punteggiatura è tutta sua). Non esattamente il solito linguaggio brigatista, tanto che qualcuno si era preoccupato: dove andremo a finire se anche le Br cominciano a scrivere come un concorrente del Grande Fratello? La Digos di Genova, per fortuna, ha messo le cose a posto: è bastato far scrivere due righe al Guzzardi per capire che la vittima delle minacce e il minaccioso brigatista erano la stessa persona. Per fortuna ora è tutto chiarito, possiamo rilassarci, smettere di tremare, leggere con qualche divertimento le lettere di solidarietà all’autominacciato che se la prendono con quei cattivoni di comunisti. E magari andarsi a ripescare le dichiarazioni dei giorni scorsi sul pericolo terrorista. Il ministro Sacconi: “Prosciugare l’acqua in cui nuotano i pesci dell’eversione!”. Giusto! Bravo! Prenda un po’ di carta assorbente e vada a Il Giornale. Lì c’è da far bene.

martedì 10 novembre 2009

Giovanardi


Il cattolico feroce

di FRANCESCO MERLO



Suscita rabbia e pena, una pena grande, il sottosegretario Carlo Giovanardi, cattolico imbruttito dal rancore, che ieri mattina ha pronunziato alla radio parole feroci contro Stefano Cucchi. Secondo Giovanardi, Stefano se l'è cercata quella fine perché "era uno spacciatore abituale", "un anoressico che era stato pure in una comunità", "ed era persino sieropositivo". Giovanardi dice che i tossicodipendenti sono tutti uguali: "diventano larve", "diventano zombie". E conclude: "È la droga che l'ha ridotto così".

Giovanardi, al quale è stata affidata dal governo "la lotta alle tossicodipendenze" e la "tutela della famiglia", ovviamente sa bene che tanti italiani - ormai i primi in Europa secondo le statistiche - fanno uso di droga. E sa che tra loro ci sono molti imprenditori, molti politici, e anche alcuni illustri compagni di partito di Giovanardi. E, ancora, sa che molte persone "per bene", danarose e ben difese dagli avvocati e dai giornali, hanno cercato e cercano nei cocktail di droghe di vario genere, non solo cocaina ed eroina ma anche oppio, anfetamine, crack, ecstasy..., una risposta alla propria pazzia personale, al proprio smarrimento individuale. E alcuni, benché trovati in antri sordidi, sono stati protetti dal pudore collettivo, e la loro sofferenza è stata trattata con tutti quei riguardi che sono stati negati a Stefano Cucchi. Come se per loro la droga fosse la parte nascosta della gioia, la faccia triste della fortuna mentre per Stefano Cucchi era il delitto, era il crimine. A quelli malinconia e solidarietà, a Stefano botte e disprezzo.

Ci sono, tra i drogati d'Italia, "i viziati e i capricciosi", e ci sono ovviamente i disadattati come era Stefano, "ragazzi che non ce la fanno" e che per questo meritano più aiuto degli altri, più assistenza, più amore dicono i cattolici che non "spacciano", come fa abitualmente Giovanardi, demagogia politica. E non ammiccano e non occhieggiano come lui alla violenza contro "gli scarti della società", alla voglia matta di sterminare i poveracci; non scambiano l'umanità dolente, della quale siamo tutti impastati e che fa male solo a se stessa, con l'arroganza dei banditi e dei malfattori, dei mafiosi e dei teppisti veri che insanguinano l'Italia. Ecco: con le sue orribili parole di ieri mattina Giovanardi si fa complice, politico e morale, di chi ha negato a Stefano un avvocato, un medico misericordioso, un poliziotto vero e che adesso vorrebbe pure evitare il processo a chi lo ha massacrato, a chi ha violato il suo diritto alla vita.




Anche Cucchi avrebbe meritato di incontrare, il giorno del suo arresto, un vero poliziotto piuttosto che la sua caricatura, uno dei tanti poliziotti italiani che provano compassione per i ragazzi dotati di una luce particolare, per questi adolescenti del disastro, uno dei tantissimi nostri poliziotti che si lasciano guidare dalla comprensione intuitiva, e certo lo avrebbe arrestato, perché così voleva la legge, ma molto civilmente avrebbe subito pensato a come risarcirlo, a come garantirgli una difesa legale e un conforto civile, a come evitargli di finire nella trappola di disumanità dalla quale non è più uscito. Perché la verità, caro Giovanardi, è che gli zombie e le larve non sono i drogati, ma i poliziotti che non l'hanno protetto, i medici che non l'hanno curato, e ora i politici come lei che sputano sulla sua memoria. I veri poliziotti sono pagati sì per arrestare anche quelli come Stefano, ma hanno imparato che ci vuole pazienza e comprensione nell'esercizio di un mestiere duro e al tempo stesso delicato. È da zombie non vedere nei poveracci come Cucchi la terribile versione moderna dei "ladri di biciclette". Davvero essere di destra significa non capire l'infinito di umiliazione che schiaccia un giovane drogato arrestato e maltrattato? Lei, onorevole (si fa per dire) Giovanardi, non usa categorie politiche, ma "sniffa" astio. Come lei erano gli "sciacalli" che in passato venivano passati alla forca per essersi avventati sulle rovine dei terremoti, dei cataclismi sociali o naturali.

Giovanardi infatti, che è un governante impotente dinanzi al flagello della droga ed è frustrato perché non governa la crescita esponenziale di questa emergenza sociale, adesso si rifà con la memoria di Cucchi e si "strafà" di ideologia politica, fa il duro a spese della vittima, commette vilipendio di cadavere.
Certo: bisogna arrestare, controllare, ritirare patenti, impedire per prevenire e prevenire per impedire. Alla demagogia di Giovanardi noi non contrapponiamo la demagogia sociologica che nega i delitti, quando ci sono. Ma cosa c'entrano le botte e la violazione dei diritti? E davvero le oltranze giovanili si reprimono negando all'arrestato un avvocato e le cure mediche? E forse per essere rigorosi bisogna profanare i morti e dare alimento all'intolleranza dei giovani, svegliare la loro parte più selvaggia?

Ma questo non è lo stesso Giovanardi che straparlava dell'aborto e del peccato di omosessualità? Non è quello che difendeva la vita dell'embrione? È proprio diverso il Dio di Giovanardi dal Cristo addolorato di cui si professa devoto. Con la mano sul mento, il gomito sul ginocchio e due occhi rassegnati, il Cristo degli italiani è ben più turbato dai Giovanardi che dai Cucchi.

lunedì 2 novembre 2009

Il film scandaloso


Gira un filmino scandaloso, una cosa davvero schifosa e impresentabile, un film concepito per il ricatto che se dovesse uscire farebbe vergognare chiunque. E’ il filmino dell’Italia. Il paese dove ti ammazzano in galera spezzandoti la schiena in due punti, il posto dove i carabinieri tentano l’estorsione. Il paese che sta nelle prime posizioni mondiali per diseguaglianza economica, il posto dove un cittadino su quattro sotto i 25 anni è disoccupato. Nel filmino si vede tutto questo e altro ancora, un po’ sgranato, ma si vede tutto bene: mica è il Tg1!. Ho tentato di venderlo e di farmi un gruzzoletto, perché mi adeguo alla morale corrente. Il Giornale ha visionato ma non l’ha preso. Libero ha guardato ma ha deciso: no, grazie. Nel filmino c’è tutto quello che c’è da sapere: i capitali mafiosi che rientrano anonimi con la modica spesa del cinque per cento, vita e opere di Dell’Utri, le leggi per farla franca, due o tre morti sul lavoro ogni giorno, la libertà di stampa ai minimi storici e il papello dei patti con la mafia. Filmino lungo, è vero, ma meno noioso del Barbarossa che ci è pure costato dei soldi. Questo è gratis. Ci sono i nazi che accoltellano gay e stranieri, ma di cui fa fico parlare come se fossero intellettuali un po’ ribelli. Ci sono gli imprenditori sovvenzionati che chiedono soldi. Ci sono i giovani imprenditori, loro figli, che chiedono soldi. Ci sono ministri che difendono le radici cristiane e adorano il dio Po, il dio Eridano e chissà quale altra puttanata celtica. C’è ancora Cossiga. C’è ancora Andreotti. Ci sono i militari per le strade “per la nostra sicurezza”.Ci sono ministri che dicono viva il posto fisso dopo aver creato milioni di precari. Nel filmino si vedono avvocati che studiano come accorciare la prescrizione, come spostare i processi, come evitare grane al capo. L’ho mandato a Signorini, a Chi, che ha detto: ne parlo con Marina. Marina ha detto: ne parlo con papà. Papi ha visto e ha detto: embé? L’Italia è il paese che io amo. Ecco, mi pareva.